La didattica, nell’impossibilità di utilizzare piattaforme pubbliche, si è frastagliata in mille rivoli e strumenti, pesando sulla buona volontà, intraprendenza e connessione del corpo docente che, lasciato alla propria iniziativa individuale, si getta a spegnere l’incendio che divampa grazie al vuoto sociale. Navigando tra un google, zoom, teams, whatsapp, skype, facebook, youtube, nella consapevolezza che l’esperienza didattica non sia riducibile esclusivamente all’erogazione di contenuti.
Al netto di tutti i ragionamenti vi è la (banale?) constatazione che la didattica a distanza non può essere sostitutiva e considerata equivalente della didattica in presenza, sopratutto per la fascia di età 6-18 e che il motivo per cui è stata imposta sono le carenze strutturali delle scuole che, disorganizzate e sovraffollate, non permettono la didattica in aula opportunamente distanziati.
Quindi si torna di nuovo alla questione principale: i problemi materiali si spostano nel digitale, ma il digitale non può risolverli.
La scuola, nel vuoto del pensiero e delle risorse strategiche, è stata di fatto consegnata in toto alle grosse piattaforme commerciali. Ancora una volta, il meccanismo è il solito: di fronte a una scuola trasformata in azienda, svilita, dove mancano i soldi anche per il sapone, che andrebbe ripensata e riorganizzata con affetto, ci si affida al presunto potere taumaturgico della tecnologia. Non si può pensare che questa scelta non avrà ripercussioni sul futuro. Né si può pensare che sia una scelta ovvia ed automatica, con buona pace di tutti i discorsi sul free software nella pubblica amministrazione, che si fanno da praticamente 20 anni.
Salvo poi scoprire che la tecnologia non è così accessibile, ma è invece ulteriore fonte di diseguaglianza sociale. Perchè possiamo fare finta che non sia vero che molte persone facciano teledidattica con i giga del proprio cellulare, che il territorio italiano sia fatto di paesini sperduti e nient’affatto connessi, che sfavillanti e velocissimi computer non siano affatto in ogni casa, però, per l’appunto, stiamo facendo finta.
Quella che era già una tendenza problematica (una scuola fatta di didattica frontale e di valutazioni basate sulla quantificazione) rischia ora di diventare la norma perché “siamo in emergenza”. L’emergenza di oggi porta al pettine i nodi problematici della società che abitiamo. Lo stato di crisi è strutturale e rende evidenti vulnerabilità preesistenti che non si possono risolvere normando l’emergenza ma solo in un processo di profondo cambiamento.
- il motivo per cui le istituzioni italiane, a partire dal M(i)ur, ignorano il Garr, (cioè se stesse) e consigliano piattaforme commerciali proprietarie.
- proprietà privata libera e pubblica
- le pagine dedicate del MIUR indicano solo piattaforme commerciali,
Una considerazione di ordine politico, per esempio sul fatto che la didattica a distanza (DaD) amplia, rafforza e rende operativo nel modo più nudo il “mercato globale dell’istruzione”; sul fatto che così quest’ultima diventa a tutti gli effetti un prodotto standard, progettato per essere del tutto indipendente dal suo produttore; la “radicale esteriorizzazione del sapere rispetto al “sapiente”, qualunque sia la posizione occupata da quest’ultimo nel processo della conoscenza”,
Una considerazione adeguata su come la DaD si presti ad essere una vera e propria telesorveglianza: finalmente l’atteso strumento per un’efficace valutazione della didattica, .
La considerazione di come la DaD rappresenti una spinta ulteriore verso una spettacolarizzazione della formazione, sempre più comunicazione/informazione per un pubblico interattivo-reattivo, non studenti ma appunto spettatori, il trionfo del modello “educational rai”.
DAD?
La teledidattica è naturalmente priva dell''apprendimento: "orizzontale", mancando la possibilità di vedere durante la lezione le reazioni delle compagne, di capire se qualcosa che viene detto è importante, o se si tratta di una ripetizione, di bisbigliare e anche di copiare (una forma di apprendimento fondamentale), e si riduce a una forma di apprendimento "verticale". Nella sua forma più deteriore addirittura un broadcast non-interattivo da uno a molti. Lo stato del Messico, nell'impossibilità di provvedere alla riapertura delle scuole e non potendo contare su una popolazione abbastanza informatizzata, ha delegato la didattica a distanza alla televisione. Si, la scuola è la Tv e le lezioni sono sul canale 2. Buona visione. Inoltre la Didattica A Distanza è mediata dalla tecnologia che in questo caso emergenziale, oltre a non essere neutrale, è direttamente prodotto delle esigenze di profitto delle entità commerciali che le mettono a disposizione. Infine accentua la divisione e il debito formativo tra le famiglie abbienti, che hanno la possibilità di accedere a migliori tecnologie e di studiarne il funzionamento, a quelle non, che vengono schiacciate. Senza dimenticare che l'acronimo "DAD" significa 'Padre" in inglese e questo ci ricorda, non sappiamo se volontariamente o meno, la struttura patriarcale in cui siamo immers*. E ora una preghierina: Padre nostro che sei dei nostri, liberaci dalla GMAFIA, paga la connessione..